Segreti di Caffè

Caffè e ospitalità nel mondo

caffè e ospitalità

Mai come stavolta vale il detto: "paese che vai, ospitalità che trovi. Una cosa, però, pare accomunarli tutti. O, comunque, gran parte di essi: si chiama caffè ed è la bevanda più amata al mondo, capace di incoraggiare la socialità e anche di "rompere il ghiaccio". In Italia, anzi, a Napoli, per la precisione - città che annovera tra i simboli più veraci, proprio il caffè -, la sua preparazione, col tempo, si è trasformata in un vero e proprio culto. Così come da secoli avviene in Etiopia, Giordania, Turchia...Il rapporto tra caffè e ospitalità è intenso e abbraccia molte culture. Sei pronto per un viaggio intorno al mondo tra le usanze del caffè? Prima fermata: Napoli!

Napoli: caffè e ospitalità, un binomio imprescindibile


Nella città di Partenope, da sempre, il rito del caffè fa rima con condivisione. Quando si hanno ospiti graditi a casa, a qualsiasi ora del giorno, troveranno sempre ad accoglierli una tazzina di caffè fumante preparata con cura con la moka, con la macchina per espresso e, in alcuni rari casi, ancora con la cuccumella, la tradizionale "caffettiera napoletana". Un vero e proprio elogio alla lentezza, cui il grande Eduardo De Filippo dedicò anche uno spettacolare monologo nella commedia "Questi Fantasmi". Un atto di "devozione", per accompagnare quattro chiacchiere tra amici, familiari o persone stimate.

E sempre all'ombra del Vesuvio, patria dell'accoglienza, ha preso il via anche un altro rito, stavolta solidale, che si consuma al bar: quello del caffè "sospeso" ovvero, pagato in anticipo a sconosciuti, che non possono permetterselo. Se non è ospitalità questa!?!


Il caffè oltre i confini italiani


Ma come a Napoli, il caffè assume un alto valore simbolico anche in altri luoghi. In Etiopia, ad esempio, dove il rituale segue dei canoni ben precisi. Dopo aver accolto gli ospiti, i chicchi ancora verdi, vengono tostati e mostrati agli invitati, così da far loro carpire tutto l'aroma, dopodiché il caffè viene macinato e poi versato nella jebena, la caffettiera tipica che, piena d'acqua verrà posta sul braciere. Una volta pronto, si offrirà prima alle persone più anziane. La tradizione vuole che si facciano tre giri di caffè. La terza tazza, prende il nome di baraka e funge da benedizione e sigillo d'amicizia.

E tre è il numero perfetto anche in Giordania, in particolare tra le tribù di beduini che, durante la cerimonia della jaha, consumano nel deserto il proprio rito legato al caffè, che viene lasciato in infusione per ben sei ore e va sorseggiato amaro in tre sorsi, che rappresentano gioia, ospitalità e benvenuto.

Anche la colonna portante dell'ospitalità turca è, manco a dirlo, il caffè, preparato in bricchi particolari in ottone denominati cezve. Anche in questo caso, la parola d'ordine è lentezza e a caratterizzarlo è una speciale schiuma, che dopo un primo giro, dovrà finire nelle tazze di ogni ospite. Poi, il cezve andrà messo di nuovo sul fuoco e riempire le tazzine appositamente lasciate a metà.

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